Il Carnevalone


La Quaremma. A’ Quaremm
Al vecchiaccio che impersona Carnevalone è associata la ” vecchia “ ovvero la “ Quaremma “ vestita di nero e simboleggiante penitenza e digiuno, aborriti dalla massa di pastori e contadini, sempre “ affamati “. Veste di scuro, quasi sempre con un lungo scialle che copre il viso e giunge fino ai piedi e porta in braccio Carnevalicchio. Rappresenta la malannata: non si mangia, non ci si diverte, prelude alla morte. Ed ancora oggi tra i detti
popolari è da ricordare “ è brutta come la quaremma “.
Carnevalicchio. U’ Carnvalicchj
Simbolo emblematico del carnevale demoantropologico montese. La compresenza nel corteo di Carnevalone e Carnevalicchio, ovvero del condannato a morte e del nascituro che però è già nato, segnala un altro elemento di forte complessità. Le forze della natura si risvegliano; le energie della nuova vita, del nuovo anno, premono impazienti. I cicli vitali e naturali si compenetrano e si sovrappongono in un apparente disordine, il nuovo contro il vecchio, la vita contro la morte, foriero del nuovo ordine che prenderà definitivamente corpo allo scoccare della mezzanotte con il rogo di Carnevalone. Solo allora Carnevalicchio finalmente estenderà il proprio regno sul mondo degli umani che tornati savi nella Quaresima, rientreranno nel nuovo, ma sempre eterno, ordine.
Campanacci e Sgherri. L’ carnval’
I campanacci ed il clamore, come in tutte le culture ancestrali, sono utilizzati per scacciare il male e nell’associazione tra campanacci “ maschi “ e campanelle “ femmine “ ancora una volta tornano i simboli della fertilità. L’unione dei due opposti propizierà la fertilità della terra e degli animali. I campanacci sono nelle mani di figure coloratissime contrapposte allo scuro della Quaremma.I colori rappresentano il richiamo alla gioiosità della natura che è sul punto di risvegliarsi. Compito delle maschere è sbatacchiare all’infinito i campanacci e procacciare le offerte. Il suono può essere ritmato ma anche disordinato, deve però coprire tutto e stordire il gruppo ed i passanti. L’incontro tra due diversi gruppi di mascherati deve dar luogo ad una contrapposizione infarcita da lazzi, urla ma soprattutto dal suono dei campanacci utilizzati per tentare di sopraffare l’avversario. Chiaro rimando ai conflitti e contrapposizioni nella comunità. Il gruppo dei campanacci circonda l’offerente, il commerciante, il professionista, fino a quando questi non scuce “la donativa“. Non lasciare un’offerta a Carnevalone significa appartenere alla schiera degli avari e dei taccagni. L’ingenerosità sarà di male auspicio per il malcapitato specie se il richiedente è un bambino che farà la domanda rituale “una cosa per Carnevalone ?“ E d’altra parte chi meglio di un bambino rappresenta la buona annata e le energie propiziatrici della natura ? Ecco perché si vedono dai balconi e dalle finestre tante vecchiette fare loro piccola offerta a Carnevalone oppure i genitori spingere i più piccoli a lasciare una monetina, un’arancia, un salsiccia, nel canestro di Carnevale.
Il fuso e la Parca. U’ fus e A’ Parc
E’la figura che apre i cortei del Carnevalone di Montescaglioso ed una delle presenze più straordinarie delle sfilate: ci riporta direttamente al mondo delle popolazioni indigene, greche e romane. Costituisce la personificazione giunta quasi intatta nei riti popolari della “ Parca “ romana, delle “ Moire “ greche. Sono figure mitologiche che soprassiedono al destino dell’uomo ed al fato inesorabile, rappresentate come vecchie tessitrici. Sono destinate a tre funzioni diverse. La prima dipana il filo della vita e presiede alla nascita; la seconda assegna i destini stabilendo la durata della vita; la terza taglia il filo della vita nel momento predestinato. Nel Carnevale di Montescaglioso, una vecchiaccia immonda e sguaiata impersonata da un maschio, è armata con un grande fuso agganciato a una lunga corda. Quando il corteo si ferma “u fus’ “ è lanciato in strada. Ruota per terra agganciato alla cordicella manovrata dalla “ Parca “, disegnando un ampio cerchio intorno al quale si assiepano i passanti. Guai a farsi toccare dal fuso. La morte incombe. L’interruzione del cerchio, ovvero l’eterno ritorno dei cicli vitali, rappresenta nella memoria ancestrale delle Parche, l’interruzione del filo della vita e del destino.